C’era una volta l’Avvento
L’Avvento è un tempo magico
C’era una volta l’Avvento. Nei ricordi di molti, bambini e non, è un tempo magico: tempo di allestire il presepe e di preparare l’albero di Natale e gli addobbi, di città e paesi che si riempiono di luminarie sfolgoranti, di grandi riunioni familiari, di parenti che tornano da lontano, di preparativi per pranzi e cene luculliani, di attesa delle agognate vacanze da scuola, dell’arrivo di Babbo Natale o Gesù Bambino carichi di doni, di calendari con cioccolatini prelibati nascosti sotto le caselle dei giorni dal 1 al 24 dicembre…
Un Avvento diverso
Stiamo vivendo un Avvento molto diverso dai soliti, quest’anno: l’attesa è più che altro per l’ultimo DPCM o decreto legge che indichi cosa si potrà fare e cosa no nelle prossime settimane; per molti ragazzi le “vacanze di Natale” saranno un’astensione dalle lezioni online, perché a casa ci stanno già da mesi; le luminarie? e chi se le gode, con il coprifuoco alle 22! E nemmeno la Messa di mezzanotte, e nemmeno il pranzo di Natale con nonni, zii e cugini, le feste con gli amici… Insomma, mancherà un po’ tutto quello che rappresenta la nostra tradizione – personale, familiare e sociale -, quelle abitudini che si ripetono di anno in anno e in cui è confortante sgusciare dentro, come un abito un po’ sdrucito ma tanto comodo. Un avvento poco gioioso, anzi dal sapore un po’ penitenziale, nel pensare a tutto quello che ci mancherà e che non potremo fare.
L’Avvento in origine
In origine, tuttavia, l’Avvento era esattamente questo: a somiglianza del ciclo pasquale, che aveva la Quaresima come preludio e preparazione, anche il ciclo natalizio, le cui prime testimonianze si incontrano in Francia e in Spagna alla fine del IV secolo, era una sorta di “quaresima di Natale”, che successivamente avrebbe dato origine all’usanza di un tempo penitenziale che andrà da san Martino (11 novembre) alla vigilia del Natale. A Roma invece la preparazione al Natale si sarebbe sviluppata con un carattere liturgico con le quattro domeniche di Avvento e le ferie delle “tempora”.
I Padri della Chiesa
E sembrano quasi scritte per questo nostro avvento 2020 le parole del Padre della Chiesa Gregorio Nazianzeno, profetiche e universali come certe parole dei Padri sanno essere: «Non manifestiamo, perciò, la nostra esultanza come si suol fare nelle pubbliche festività, ma in maniera conforme a Dio; non con criteri umani, ma in modo soprannaturale! Non celebriamo le cose che sono nostre, bensì quelle di colui che è nostro o, per meglio dire, quelle del Signore; non rallegriamoci per ciò che provoca l’infermità, ma per quanto restituisce la salute; non festeggiamo ciò che riguarda la creazione, ma la rigenerazione! E come sarà possibile far questo? Basterà non cingere di corone le porte delle case, non formar cori, non decorare le vie, non rallegrare gli occhi, non addolcire l’udito con il canto, non spargere effeminati profumi, non soddisfare smodatamente la gola, non abbandonarsi al piacere del tatto… Non dovremo rammollirci con abiti vistosi ed eleganti, quanto più appariscenti tanto più inutili, né con lo splendore delle gemme o dell’oro né con l’artificio dei cosmetici, che nascondono la bellezza naturale e profanano l’immagine… Non ci cureremo del profumo dei vini né dei manicaretti dei cuochi né della raffinatezza degli unguenti… Da parte nostra invece, che adoriamo il Verbo, se proprio una gioia debba esservi, rallegriamoci nel Verbo, nella legge divina, nelle narrazioni, in tutto ciò, insomma, donde tragga motivo questa nostra festa» (La nascita di Cristo, 1, 4.6).
Uscire dagli schemi
E dunque, in questo insolito avvento 2020, se vogliamo possiamo provare a cogliere nuove opportunità: uscire dai soliti schemi; ripensare a quello che ci mancherà, per comprendere se ci manca davvero o se è solo un’abitudine a cui siamo legati; riempire l’attesa di speranza e di apertura del cuore; nutrire la capacità di visione. Un tempo di attesa paziente, per dirla con il grande Lev Tolstoj: «La pazienza è aspettare. Non aspettare passivamente. Questa è pigrizia. Ma andare avanti quando il cammino è difficile e lento».